Archivi del mese: ottobre 2013

Buongiorno

“Se ami, devi amare forte.”

(I. Craciun)


Buongiorno

“Quindi ti guardo, ti guardo perché mi pare – dannazione – di non averlo fatto mai”

(P. V. Tondelli)


… e paura non avrà


Buongiorno

“Io sono un animale di lusso; e il superfluo m’è necessario come il respiro”

(G. D’Annunzio)


Buongiorno

“Chiunque può sopportare un dolore tranne chi ce l’ha.”

(W. Shakespeare)


Sia Pace

Buongiorno a Voi.

 

“Tutti parlano di Pace, e la Pace non c’è!”

 

Questa frase di Padre Turoldo ha sempre riempito i miei orecchi e i miei pensieri.

Basta guardarsi attorno: essa è una fotografia oggettiva del mondo, ma cosa significa? Da dove trae origine? Forse dal fatto che nessuno vuole davvero la Pace? 

Questa prima domanda/risposta centra sicuramente uno degli aspetti, magari quello più grande di macrosociologia direi; spiega per esempio perché non vi sia pace tra gli Stati. Nasconde e svela la volontà di alcuni di mantenere il mondo in conflitto per scopi loschi e subdoli: potere sugli altri, ricchezza economica, addirittura pura cattiveria o addirittura tutte queste motivazioni insieme. Cè persino, provo orrore a pensarlo, una ragione asettica, senza morale, per poter produrre nuove armi è necessario smaltire le vecchie e usarle costa meno che rottamarle. Secondo quest’ottica tutto viene ridotto a un semplice ingranaggio. La vita una rotella o un blocco della stessa.

Si fa passare il pensiero che la vita in realtà non venga oltraggiata, perché “le guerre buone” e le bombe che esse sganciano uccidono i cattivi che (loro) stanno uccidendo i buoni e quant’anche fossero questi ultimi le vittime del nostro intervento, carico d’amore (scusate il sarcasmo), essi non sarebbero in questo caso persone, bensì entità note come “danni collaterali”. Non è una cosa definitiva, no? La morte è definitiva e irrimediabile, i danni si riparano. Non si rompono forse le uova per fare una frittata? Subdolamente si instilla un ragionamento secondo cui i morti sono come uova per una frittata… Ce n’è abbastanza per non mangiare più.

Purtroppo non esagero: una pubblicità in TV è addirittura più esplicita di così, parlando di banche e dei pensieri fondamentali che realmente ci poniamo.

Qui entriamo in gioco noi, auditorio pronto a bersi qualunque cosa venga propinata, assuefatto a veder scorrere sangue a fiumi mentre mangia pasta al pomodoro e a porsi terribili domande davanti a bambini dilaniati dalle bombe: “Mi passi il sale?”, i più “colpiti” aggiungendo “Per favore”.

È un quadro certamente triste e deludente. 

Non vi sono cose nel grande  che già non sono contenute nel piccolo e così io penso che il problema sia dentro ogni singolo.

La Pace è uno stato, come la guerra e i conflitti.

Parliamo tutti della pace e la ricerchiamo, ma la nostra. La vita dei più è tutta una ricerca all’esser lasciati in pace.

Ecco il problema: la Pace non c’è perché non è per noi uno stato interiore autentico.

Come disse il Dalai Lama: “Non vi è alcuna via per la Pace, la Pace è la Via”

Esempi religiosi e non, su tutti forse Gesù e Gandhi, ma anche San Francesco e Martin Luther King, hanno insegnato al mondo a compiere rivoluzioni impensabili senza versare una sola goccia di sangue. Ma oggi quanti emuli vediamo di queste grandi luci? 

Oggi siamo tornati al vecchio “occhio per occhio”. Questo è un modo facile di rispondere. Innanzitutto perché non ci da responsabilità. Il fatto che noi  riteniamo di “restituire” quanto abbiamo ricevuto lascia il pallino della questione in mano ad altri. Non non ne abbiamo demeriti (“È stato lui a cominciare”), ma nemmeno ne conquistiamo dei meriti (cosa abbiamo fatto per cambiare la situazione?

Se rispondiamo a un attacco con un attacco moltiplichiamo il potere dell’altro e gli diamo la completa vittoria su di noi, anche se in un duello fossimo noi i sopravvissuti.

Ritengo questo possa accadere, in quanto questo stimolo trova terreno fertile nel nostro spirito sempre agitato, una valvola di sfogo per la nostra insoddisfazione, libera dal non aver responsabilità, ricadendo queste, secondo noi tutte sull’altro, come detto prima.

Non si può non citare però un altro insegnamento: quel “Porgi l’altra guancia” professato da Gesù; quel suo “A chi vuole strapparti la tunica, lascia anche il mantello”. 

Questo! Questo sì che cambia le cose! Questo davvero può mostrare all’altro l’inutilità delle sue azioni e da a noi il nostro potere, perché reagire non è agire.

Per far questo però è necessaria una piena consapevolezza di sé e di ciò che si ritiene giusto.È necessario conoscere bene il centro delle nostre convinzioni per poterlo sempre riconoscere in ogni situazione; per poter sempre agire, quindi, secondo quanto siamo e non solo per quanto non siamo.

È un mondo difficile per fare questo, ma lo è diventato e peggiorerà se ci si arrende.

Se vogliamo la Pace, dobbiamo essere in Pace.

Se vogliamo aiutare il mondo, dobbiamo compiere gesti di Pace, vivere compiendo azioni che portino Pace.

Certo… dobbiamo anche essere pronti a pagarne le conseguenze in questo mondo.

Mai detto che potesse essere facile. È una scelta. Come tutto in fondo

Umberto

SigilloPiccolo

 


Buongiorno

“Che cosa misera è l’umanità se non si sa elevare oltre l’umano!”

(Seneca)