C’è ancora la pista di atletica dove mi allenavo e correvo le mie gare, alternando qualche figuraccia a qualche vittoria e ridendo sempre insieme ai miei compagni, anche quando dopo i 400 m il cuore sembrava voler continuare la sua corsa al di fuori del corpo.
Ci sono ancora le tribune e gli spogliatoi e la gabbia dalla quale un disco lanciato male colpì in testa una ragazza, tranquilla al di fuori dello spicchio di campo gara.
C’è ancora la postazione dello starter, allo sparo del quale in cinque ci fingemmo morti.
C’è il mio completo di atletica regalo per il diciottesimo dei miei compagni di liceo.
C’è la mia tuta nuova della A.S. Brescia, consegnata e indossata un 20 Maggio caldissimo, perché i soldi quelli erano e si era dovuto scegliere un tessuto solo. Che caldo!
Ci sono ancora i miei ricordi.
Purtroppo c’è anche questo
Il “mio” campo di atletica è il Campo Calvesi di Brescia.
Sull’erba sulla quale stanchi ci sdraiavamo a guardare il cielo oggi nemmeno si può camminare, perché il rischio è la morte. Come quella che colpisce troppi in quelle zone troppo vicine alla Caffaro e al suo Pcb.
Eppure qui…
Eppure qui un giorno una gremita curva gridò di gioia, perché una ragazza di Verona scalò il cielo, portando un sogno a 2,01 metri. Nuovo record del mondo di salto in alto.
Quanti sogni questo Paese riesce a distruggere? Quante nubi cerca di mettere a coprire il sole di uno spessissimo fulgido passato?
Non mi adeguo, non ne sono capace. Non voglio esserlo.
Mi tengo i miei ricordi e cerco di trasformarli in azioni per il futuro.
Possiamo forse fare altro?
Ah, l’avete capito: quella ragazza si chiamava, si chiama, Sara Simeoni.